Mediterraneo, mare di pace?

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di Mario Settineri

Mare senza pace, il Mediterraneo. Una volta culla di civiltà, oggi teatro di vicende tristi, drammatiche, assurde.
Ieri, pensando al Mediterraneo si andava alle civiltà che su di esso erano fiorite: Fenicia, egizia, ellenica, cartaginese, romana, oggi non si può non pensare alle immani tragedie che esso richiama alla mente.
Prima tra tutte quella del popolo palestinese, aggredito quotidianamente dalla protervia sionista che, erodendo continuamente e occupando un territorio non suo, costringe nel dramma dell’incertezza della Patria un intero popolo.
Israele, con metodi subdoli, incurante del più elementare diritto internazionale, l’inviolabilità dei confini di una Nazione, si appropria, quotidianamente, di porzioni di territorio, relegando i palestinesi in spazi sempre più angusti, circoscritti, controllati.
Ricordiamo come la genesi di tutto risalga all’improvvida decisione, presa dalle Nazioni vincitrici del secondo conflitto mondiale, di realizzare in territorio palestinese una Nazione: Israele.
Già quest’atto fu una soverchieria, un atto violento perpetrato ai danni di un popolo che vide imporsi la presenza di una comunità, organizzata in Nazione, che strideva con il proprio diritto a vivere la loro storia.
La creazione artificiale di Israele, ricordiamolo, fu un’esigenza per gli Stati vincitori del conflitto mondiale.
Servì soprattutto agli Stati Uniti per stabilire una testa di ponte in un’area a forte propensione nazionalista, che, assieme all’Italia, avrebbe rappresentato gli interessi americani nel quadrato euro-mediorientale.
Da allora Israele, godendo la protezione della più forte potenza mondiale, l’ha fatta da padrone. Ha continuamente, e in barba ad ogni richiamo internazionale, allargato il proprio territorio; condotto una politica di snaturamento della realtà palestinese; introdotto l’apartheid.
Il controllo delle alture del Golan, l’allargamento territoriale nella striscia di Gaza, il controllo della spianata delle moschee, la proclamazione di Gerusalemme a Capitale dello stato ebraico, sono solo alcune delle azioni oppressive messe in atto da Israele.
A questo si aggiunga il controllo dell’energia elettrica, dell’acqua potabile, del mare antistante Gaza, di ogni attività economica di rilievo e si ha il quadro della drammatica situazione che vive quotidianamente la Nazione Palestinese.
Una costante pressione che sfocia in legittimi atti di rivolta cui seguono, inesorabilmente, attacchi indiscriminati da parte israeliana, che provocano morti e distruzioni. Ciclicamente, costantemente.
Altra drammatica situazione è quella che si vive nell’Africa Settentrionale.
La Libia, dalla scomparsa di Gheddafi non riesce a trovare un attimo di pace. Troppi sono gli interessi internazionali che le ruotano attorno per sperare in un avvenire di serenità.
Oltre ai conflitti interni, la Libia è anche il valico verso l’Europa per la transumanza umana voluta dai negrieri del XXI secolo, dal padronato cosmopolitico.
Spostamenti di masse di clandestini alla ricerca di una condizione di vita migliore che ha ripercussioni negative sull’Europa, per ciò che comporta da punto di vista socio economico, ma che ha risvolti ancora più drammatici per la Sicilia (Lampedusa) che è il primo approdo per questi disperati.
Altro problema è quello che interessa le attività di pesca che nel Mediterraneo si svolgono.
La nostra marineria è costantemente oggetto di attacchi da parte delle forze armate libiche e tunisine che, arbitrariamente, ritengono di limitare l’esercizio della pesca in acque internazionali praticato dalla nostra flottiglia.
A questo si aggiungono, è notizia di questi giorni, le aggressioni dei marinai turchi ad alcuni nostri pescherecci di Mazara, in un crescendo d’intimidazioni internazionali che non possono essere tollerate e che richiedono una presa di posizione chiara e decisa, in difesa dei nostri legittimi diritti, da parte del Governo italiano.
La somma di tutto questo ci consegna un Mar Mediterraneo continuo scenario di fatti drammatici, le cui soluzioni sembrano lontane dal concretarsi, anche per l’ignavia di un’Europa assente nella difesa del Diritto internazionale e di un’Italia incapace di tutelare i propri legittimi interessi.

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