Lettera aperta a mio padre Domenico Leccisi

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di Gabriele Leccisi

II 2 novembre 2008 sei scomparso. Avevi 88 anni e te ne sei andato senza esserti arricchito sulle spalle degli italiani come invece hanno fatto molti tuoi colleghi deputati in carica ed ex.
Sono trascorsi tredici anni ed ii tuo ricordo e sempre struggente per me, figlio. Ricordo quando cercasti un posto di lavoro e ti fu rifiutato malgrado tu fossi invalido di guerra con diritto di precedenza nell’assunzione, avevo quattordici anni ed hai fatto molti sacrifici per farmi studiare e portarmi fino alla laurea. Ricordo ii tuo romanzo, ormai introvabile, la “Casaccia”. II libro ebbe abbastanza successo malgrado hai dovuto pubblicarlo in proprio stante l’ostracismo decretato nei tuoi confronti da tutti, dico tutti, gli apparati di regime. II romanzo descrive uno spaccato dell’ ltalia, ambientato in quello che, con linguaggio di oggi definiremmo ii demi monde radical chic degli anni sessanta ed ii racconto si snoda attraverso una storia d’amore. Voglio invece ricordare la tua figura di uomo politico, vero esempio di vita per coerenza, fedeltà ai nostri comuni valori, onesta e coraggio.
Poco prima di lasciarci, in presenza di mia moglie, Maria del Canto, dicesti che la Fiamma non doveva morire. Ti domandai per quale motivo ii tuo ultimo pensiero fosse questo ma perdesti conoscenza e dopo una notte in coma terminò ii tuo viaggio terreno.
La risposta alla domanda la fornisce un esame sia pur rapido e sintetico di alcuni momenti significativi della tua vita e di ciò che hai rappresentato.

Parto dagli anni recenti per poi avventurarmi a ritroso nel tempo. Tu per anni hai scritto sulla tua agenzia di informazioni “Alternative” ii tuo pensiero rivolto principalmente agli eventi di attualità politica. Ricordo lo scontro che provocasti in occasione di una trasmissione condotta dal fu Gianfranco Funari sulla seconda rete RAI in cui accusasti Fini di portare alla distruzione ii MSI, Fiuggi non era ancora nell’aria, e lui, per tutta risposta si limitò ad affermare che aveva profonda disistima nei tuoi confronti. Passa ii tempo e tornasti a scrivere di lui definendolo ii “maddaleno pentito, che aveva rinnegato i nostri morti”. Malgrado fossi all’epoca di Fiuggi ii legale di Giorgio Pisanò non accettai di seguirlo nella sua nuova avventura allorché con Rauti fondo la Fiamma Tricolore quale Movimento erede del MSI affossato dal Maddaleno. Commisi un grave errore in quanto , passati gli anni, solo dopo le ultime parole di mio padre decisi di aderire alla Fiamma. Uomini come Rauti, Pisanò e tanti altri nel frattempo ci avevano lasciati per sempre ed ii Movimento fu abilmente ingannato da individui arruffoni che, eliminato ii segretario Romagnoli, si divorarono fra loro eleggendo un segretario a dir poco incapace, non all’altezza del compito. Tutto questo avveniva qui, al nord ltalia. II Movimento in buona fede e soprattutto ignorando lo spessore meschino delle lotte interne avvenute subì ii nuovo corso con i risultati disastrosi a tutti oggi ben noti.
Caro babbo a questo punto mi avvicinai a Casa Pound ma ii discorso prettamente politico lo ritenni sbagliato e mi allontanai anche da loro senza mai avere preso la tessera.

Ora, caro padre, sono tornato nella casa Madre ma non ho più le forze e le risorse che ebbi quando Tu, morto, entrai nella Fiamma di quel Tempo.
Chiedo a te padre e Maestro di darmi la forza per riprendere la lotta interrotta in una tenzone che, come sempre, e durissima ma sembra nell’oggi presentare circostanze che fanno ben sperare per ii futuro; un futuro in cui noi vogliamo rappresentare ii nuovo attraverso la realizzazione di quel processo di trasformazione sociale che porti alla vera democrazia, quella fondata sul lavoro secondo i nostri principi saldamente ancorati alla realizzazione della socializzazione delle imprese.
Ricordo ii bell’articolo pubblicato da Leo Siegel ii 4 gennaio 2004 sulla Padania, organo ufficiale di quel movimento che tu combattesti con tutte le tue energie allorché eri ancora tra noi. Una sorta di onore delle armi che ti resero i tuoi nemici principali del momenta. E’ ii racconto di un giovanissimo studente con i libri sotto ii braccio che scrive tra l’altro: ” E’ ii 1953, campagna elettorale per le politiche del 7 giugno. La Fiamma salirà al 5,8% eleggendo 9 senatori e 29 deputati tra questi anche Leccisi, uomo di pensiero e di azione” “…una piazza del Duomo gremita all’inverosimile come non accadeva dalle adunate del Duce . Dal palco  eretto all’ingresso della Galleria (del Duomo in Milano n.d.r.) , parla Domenico Leccisi. A fianco ii segretario missino De Marsanich.” “Per gli anziani, i nostalgici, una bandiera mai ammainata. Per i giovani un mito” “…ii carisma di Leccisi é altissimo” “Sono appena un adolescente …Leccisi mi salutò come si salutava allora, risposi impacciato con quel/o che consideravo un gesto ardimentoso. Rileggo Domenico dopo decenni (Con Mussolini prima e dopo piazzale Loreto n.d.r.), non e cambiato. Sempre guascone, sempre audace, si infervora, si batte…”
Sulla tua agenzia Alternative affrontasti, tra l’altro, ii tema dell’olocausto chiarendo una volta per tutte come stessero le cose. Tu scrivesti: “Dal processo di Norimberga messo in scena e programmato nell’autunno del 1945 dai quattro vincitori, Usa, Gran Bretagna, Russia e Francia emerse che nessun italiano venne coinvolto come criminale di guerra, per cui la posizione italiana­ fascismo si differenzio nettamente da quella tedesco-nazista … II processo ad Adolf Eichmann, nell’aprile de/ 1961 a Tel Aviv ed alcune circostanze venute alla luce risultano talmente evidenti da far ammettere alla pubblica accusa l’assoluta estraneità degli italiani alle deportazioni e l’aiuto prestato dalle autorità civili e militari italiane agli ebrei perseguitati. Questi sono i fatti che non trovano smentite”. Caro babbo, come non ricordare le battaglie per Trieste italiana, i nostri fratelli che di notte i titini sequestravano e facevano sparire, l’indifferenza degli alleati alla tragedia delle nostre terre irredente, la pulizia etnica perpetrata dai titini con ii complice silenzio degli alleati che durante la loro occupazione pensavano di favorire ii movimento dei non allineati promosso dall’assassino Tito , allorché intese staccarsi dall’Unione sovietica. Di certo dall’alto dei cieli ti sei tuttora a dir poco irritato allorché a Tito la Repubblica italiana conferì financo onorificenze. Tu commentasti: “ma che vuoi farci: sono questi i tempi che viviamo!”

Quante dure lotte hai condotto insieme a tanti altri tuoi camerati per ii disarmo dei comunisti; eri consigliere comunale di Milano nel 1951 e l’azienda tranviaria rigurgitava di arsenali ben custoditi dal partito comunista e come dimenticare le battaglie per tumulare i fascisti trucidati a guerra finita, al campo 10 del cimitero di Musocco in Milano.
Come non ricordare le battaglie condotte, sempre negli anni cinquanta con Asso di Bastoni, i giornali cui hai dato vita come ii “Carroccio” e poi “lotta d’ltalia” che ebbero breve vita stante gli alti costi. II passaggio poi a mezzi d’informazione più economici quali l’Agenzia d’informazioni “Lo Stato” allorché fosti deputato nella seconda e terza legislatura e successivamente ad “Alternative” che hai tenuto in vita sino alla vigilia della tua morte.
Come figlio ho un ricordo personale che riguarda ii congresso di Genova del luglio 1960, caro babbo avevo undici anni e tu stavi per partire per Genova e mi raccomandasti la mamma, mi invitasti ad essere un ometto se non ti avessi più visto per molto tempo. La mia fantasia galoppava nel constatare che sotto casa stazionavano agenti in borghese che controllavano ogni tuo movimento. Una volta adulto tu mi spiegasti che fu proprio la decisione dell’allora segretario Michelini a determinare la rottura definitiva con la dirigenza missina. Michelini aveva gestito ii partito portandolo in qualche modo nell’area di governo e proprio questo aveva determinato una flessione del Movimento alle ultime elezioni politiche (giugno 1958, calo al 4,6% dei voti). E’ pur vero che ii precedente congresso si era svolto al cinema Dal Verme di Milano, citta medaglia d’oro della resistenza ii 24-26 novembre 1956 e le sinistre non ne contestarono la legittimità ma questa volta si trattava di un congresso divenuto determinante per la formazione e la sopravvivenza del governo. Tu subito ti rendesti conto che Genova sarebbe stata una trappola, che ii partito peraltro non doveva appiattirsi sulle posizioni della destra democristiana ed  affidarsi alle forze dell’ordine per difendere i congressisti e le loro famiglie allorché i comunisti con la partecipazione anche dei portuali armati di uncini avrebbero sicuramente dato l’assalto ai missini riuniti. Genova pertanto la si poteva affrontare solo se armati. Più tardi si scoprirà che tu avevi ragione come risulta dal rapporto allarmato del questore di Roma inviato al Ministero degli Interni ii 15 maggio 1960. II tuo sospetto che si volle creare un clima di guerra civile per isolare definitivamente ii MSI risultò esatto. Da quel momenta ii Movimento dovrà combattere per la sopravvivenza con ii clima in cui si formo l’arco costituzionale e le vicende successive sono note ed appare opportuno stendere su di esse un velo pietoso senza pero dimenticare le migliaia di camerati che hanno sacrificato la loro esistenza per l’ldea e quelli che per essa sono morti ammazzati.
Caro babbo, con impressionante lucidità tu avevi previsto tutto questo e quel patrimonio ideale di forze che nel 51 si schierarono accanto al nascente MSI e stato disperse e su di te scatto la  “damnatio memoriae”, come la definì Sergio Luzzatto nel suo libro “II corpo del Duce” , libro incentrato da uno storico di ultra sinistra sulla tua persona, storico cui va ii merito di averti in una certa misura collocate nel ruolo storico che ti compete. Caro babbo di battaglie nei hai condotte tante nel dopoguerra sempre con accese discussioni con i vertici del partito al quale non hai più voluto fare ritorno. Ne hai criticato le scelte politiche ma sempre da leale oppositore e senza mai volerlo realmente danneggiare come avresti potuto se solo lo avessi voluto. Accettasti da Almirante e per breve periodo di scrivere alcuni articoli che furono pubblicati sul Secolo d’ltalia che pero non era più ii mitico giornale di Franz Turchi. Erano gli anni in cui hai denunciato i maneggi della FIAT condotta da Valletta per favorire quello che successivamente verrà definite dai cattolici ii dialogo con i comunisti, le lotte all’Alfa Romeo che negli anni settanta diverranno un terreno di coltura dei terroristi rossi. Ricordi ii tuo nome con gli indirizzi dei tuoi più stretti collaboratori rinvenuto in un covo delle brigate rosse. Ricordo caro babbo quando usavi mille accortezze per evitare possibili attentati alla tua vita ed imponevi ai camerati di non osservare mai orari prestabiliti nell’uscire di casa, nel farvi rientro ed osservare quant’altro potesse essere utile ad evitare viii aggressioni. Ricordo negli anni novanta i brevi carteggi con Bovio la cui scrittura indecifrabile manifestava pero ii suo pensiero, egli riconosceva di trovarsi a disagio nell’ltalia dei nostri tempi una Italia che non e quella che  lui, considerate padre della Patria dagli antifascisti, aveva sognato. Sempre andando a ritroso nel tempo, come non ricordare babbo, quando, ferito sul fronte iugoslavo, fosti congedato e per tutta la vita hai sempre ricordato ii tuo capitano Abba, medaglia d’oro al valor militare caduto nell’ultimo assalto del Savoia Cavalleria in Russia. Egli venuto a trovarti all’ospedale militare, era consapevole che non sarebbe più tornato in Patria e ti disse “non forzare ii destino, ii tuo congedo significa che sei destinato ad altro” Tutta la vita hai vissuto nel ricordo dei tuoi commilitoni caduti in Russia e dei camerati massacrati a guerra finita. Fra essi vi era anche l’amico combattente e poeta Carlo Borsani di cui conservo la foto molto grande con una sua breve dedica che mi hai lasciato in eredita e che non ha niente a che vedere con la politica essendo un ricordo tuo, personale che racchiude e riassume in lui i volti dei tanti cari camerati deceduti. Per essi ricordavi sempre l’impiegato della federazione milanese del fascio camerata Sala, lo descrivevi come una brava persona sempre pronta ad aiutare gli altri che finì vivo gettato negli alti forni in quel di Sesto San Giovanni proprio la mattina del 25 aprile  45. Solo ora e per ultimo voglio rifarmi ai tempi in cui giovanissimo hai combattuto durante la RSI a Milano ed alla tua successiva attività clandestina. Tu sei nato nel 1920 e già nel 45 eri giornalista tanto che l’articolo di fondo del 25 aprile 1945 intitolato non a caso “Continuità” pubblicato su Repubblica fascista porta la tua firma. Tu costituisti le squadre annonarie in piena Repubblica Sociale, combattesti la borsa nera, vera piaga per la popolazione affamata, i tedeschi in armi in ben due occasioni ti ricercarono ed anche grazie al federale Costa riuscisti a sfuggir loro, conducesti una vita avventurosa e rischiosissima, fosti allontanato dal tuo ruolo di sindacalista, militarizzato col grado di tenente della Resega e posto ai diretti ordini del Federale. Ti auto congedasti dismettendo la divisa, tornasti al tuo posto di sindacalista, ricostituisti le squadre annonarie, II Ministro alla vigilia della caduta del fascismo ti affido importantissimi incarichi che mai svolgesti perché sembro tutto finire quel 25 aprile. Ma non fu cos1! Per ii popolo italiano tu sei passato alla Storia soprattutto per l’attività che hai svolto in clandestinità dopo ii 25 aprile 45 ed in particolare per la sottrazione delle spoglie mortali della salma di Mussolini dal cimitero di Musocco nella notte tra ii 22 e 23 aprile 1946. Tu sfidasti le lstituzioni, restituendo ai fascisti perseguitati la volontà di tornare a combattere per ii loro inserimento a pieno titolo nella nuova nascente italietta democratica, fosse essa monarchica o repubblicana; non a caso costituisti ii Partito Fascista Democratico. In fondo la stessa RSI aveva presentato tra ii 44 ed ii 45 tratti di democraticità proprio con l’inserimento della socializzazione delle imprese che rivela nei suoi contenuti una matrice veramente democratica. Tu fosti anche promotore, in piena RSI, del primo sciopero dei lavoratori che con coraggio sfilarono per Milano sotto lo sguardo attento e minaccioso dei soldati tedeschi armati e pronti a sparare al primo segnale di disordini. Tu riscattasti l’onore di Milano e dell’intera Italia sottraendo ii corpo martoriato del Duce al ludibrio della folla. Tu hai sempre dichiarato che si tratto di “un atto di pietas cristiana da inquadrarsi nel contesto di allora quando era ancora nitida l’immagine de/ ludibrio di piazza Loreto”. Padre Alberto Parini cui tocco in sorte insieme a padre Zucca di dover custodire le spoglie mortali di Mussolini sotto l’altare maggiore del convento dei frati francescani di Sant’Angelo (Angelicum) di Milano, salma quasi imposta a loro quando eri ricercato dalle polizie di mezzo mondo ebbe a dichiarare al giornalista Pasquale Scarpa che scrisse sulla ben nota vicenda un libricino dal titolo “Verità”: ” Jo ho condannato in pieno la condotta di quei “patrioti” che hanno assassinato Mussolini senza neppure salvare le apparenze e gli interessi de/la giustizia mentre cosi facilmente Io potevano e detesto la ferocia con cui si infierì, sul suo cadavere, dando al mondo uno spettacolo di inciviltà da tutti altamente riprovato e I che tanto discredito getto-sul nostro Paese._-E la cosa si fosse fermata qui. Al cieco furore di un popolo mo/to si può perdonare; ma certa feccia , aizzata a scopi politici, non accennava a quietarsi e portava ii proprio livore oltre ii recinto del sacro della morte”. … ” sono senza numero e ripugnanti le oscenità commesse sul campo 16 nel cimitero di Musocco e le volgarità e le violenze contro i parenti che si recavano in visita pietosa agli estinti sepolti nella tragica zolla. “Resta da aggiungere che nessuno era realmente a conoscenza del luogo ave Mussolini fosse sepolto.
Padre hai combattuto, hai fatto quello che consideravi un tuo precise dovere verso l’amata Patria nel ricordo dei caduti per la grandezza d’ltalia, nel dopoguerra sei stato protagonista di scontri anche fisici con i tuoi nemici ma credimi sulla parola; non posso provarlo, un noto parlamentare di quello che fu ii partito comunista, conosciuto in occasione di una ricorrenza di amici di famiglia mi disse che loro negli anni cinquanta e sessanta hanno
temuto solo un uomo che potesse riuscire nel suo intento rivoluzionario, quell’uomo eri tu. Non e casuale che Secchia fin dal periodo della clandestinità ti cita ed a quel tempo essere citati da certi personaggi significava una cosa sola. Non e casuale che a pag. 319 del tuo libro, una volta arrestato, scrivi: ” Le finalità politiche (del Partito fascista democratico n.d.r.) erano fin troppo evidenti e tali da esporci all’odio di nemici implacabili che se avessero potuto averci tra le loro mani non ci avrebbero risparmiato. Queste cose mi disse lo stesso Questore Agnesina quando mi trovai alla sua presenza nel suo studio di via Fatebenefratelli”

Padre, in considerazione degli eventi di cui sei stato protagonista, degli immensi sacrifici che gran parte degli italiani hanno fatto, dei trecentomila soldati dell’esercito caduti nella seconda guerra mondiale, e del numero incalcolabile di fascisti assassinati a guerra finita, in considerazione di quella continuità che tu hai evocato nel tuo articolo del 25 aprile 45 e dei sacrifici che tanti italiani hanno sopportato affinché la Fiamma vivesse e dei morti degli anni di piombo, in considerazione di tutto ciò si spiegano le tue ultime parole. Al di la di qualsivoglia retorica un fatto appare certo: “L’ltalia da quando ii MSI e scomparso dalla scena parlamentare sta marciando verso una irreversibile deriva che non saranno certo i partiti della destra attuale a frenare invertendone la rotta.
Oggi che riecheggiano sulle piazze frasi del tipo “mia nonna mi ha insegnato che uccidere un fascista non e reato” considero imprescindibile stringere i ranghi sotto i vessilli della vera, nuova e rinnovata Fiamma Tricolore i cui nuovi dirigenti meritano rispetto per lo sforzo che stanno compiendo.
Sano sicuro che tra qualche anno tu sarai fiero di noi.

Dal mito sei passato all’oblio ma non per la Storia e per tuo figlio!

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One thought on “Lettera aperta a mio padre Domenico Leccisi

  1. Angelo Soriano, segretario della sezione MSI Colle Oppio, a Roma, al ritorno dal congresso di Genova, ci raccontò che, assalito insieme ad altri camerati da un gruppo di camalli, furono salvati dall’intervento di Domenico Leccisi, che punto contro gli aggressori una pistola.

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