Una banca al servizio del Paese o un Paese al servizio delle banche?

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di Emiliano Calemma

La BCE è un formidabile strumento di controllo e potere: non deve sottostare alle decisioni dei governi, né dell’Unione Europea, né tantomeno del Parlamento europeo. La Banca Centrale Europea, che nessuno ha scelto o eletto, ha il controllo esclusivo sulle politiche monetarie di tutti gli Stati membri fin dall’atto della sua inaugurazione (1999).  Un potere che ha la faccia di un presidente scelto dai presidenti delle banche centrali nazionali (che sono enti privati) e quindi sostenitori del profitto dei banchieri privati che li hanno scelti. Libera da qualsivoglia interferenza, la BCE, può (e lo fa quotidianamente) interferire sul denaro di ogni nazione europea aderente.  La circolazione monetaria in un paese dovrebbe riflettere esclusivamente la sua capacità di produrre ricchezza, le sue possibilità di sviluppo e di espansione. Unicamente lo Stato (libero e sovrano) i cui amministratori non abbiano dovuto comprare il voto dei propri elettori con dispendiose propagande (da chissà chi finanziate…), uno Stato libero dalla viscida e invisibile potenza del dio denaro, può portare a buon fine una politica economica sana, sottratta alle catene del rapporto denaro/debito e dell’usura. La banca (unica e nazionale) al servizio del Paese, non il Paese al servizio delle banche (private).  Uno Stato può anche sbagliare, commettere abusi, è vero (quale che sia il suo regime politico), ma nessuno potrà mai mettere in discussione il fatto che se uno Stato può agire contro il bene comune, i banchieri agiscono sempre contro il comune interesse. E ciò per costituzione: uno Stato è cosa pubblica e suo oggetto e funzione rimane il bene pubblico; una banca (come la BCE) è un’impresa privata e suo oggetto risulta solo ed esclusivamente l’interesse privato (e cioè soddisfare al massimo livello i propri soci). È naturale che sia così: non è invece naturale che per mezzo di una truffa secolare la funzione pubblica di emettere denaro si sia tramutata in un colossale e immorale monopolio privato.  L’enorme problema imposto agli Stati del debito pubblico, ad esempio, deriva dalla falsa argomentazione che lo Stato abbia bisogno di denaro. Questa clamorosa stupidaggine si concretizza perché lo Stato viene assimilato ad un’industria privata. Lo Stato non è un’industria privata!  Lo Stato ha tre possibili modi di sopperire alle sue necessità finanziarie: controllare i servizi pubblici, controllare la moneta, controllare le finanze. Uno Stato libero dai debiti non ha motivo di gravare i suoi membri per poterli pagare.  Il denaro va ricondotto quindi alla sua dimensione di semplice strumento di intermediazione, così la banca privata in sé scomparirebbe, divenendo inammissibile il postulato della accumulazione di uno strumento di transazione. Come primo passo è necessario togliere ai banchieri il potere di emettere moneta. Platone descrisse il guadagno sul denaro come “aberrazione contro natura”.  In realtà il fine dell’economia è di sopperire alle necessità di un Paese e il fine della finanza è di razionalizzare lo scambio delle merci. A un’economia secondo natura deve importare il conseguimento di un mercato nazionale capace di utilizzare fino al massimo livello i prodotti nazionali. Va da sé che un tale sistema segnerebbe la fine di ogni perversione finanziaria e, soprattutto, la fine di una Banca Centrale Europea comandata dai consigli di amministrazione delle principali banche private d’Europa.  Le uniche due ragioni per cui non ci liberiamo da questo assurdo sistema di controllo monetario sono le seguenti. La prima è l’assoluta assenza di capacità critica dei popoli sui fatti di carattere economico (ci ripetono costantemente che siamo totalmente incompetenti e abbiamo interiorizzato questo concetto). La seconda è che i banchieri non vogliono questo, loro desiderano che il mondo (e quindi anche l’Europa) sia unificato in una pace/gregge con pochissimi pastori (loro), qualche migliaio di cani poliziotto e miliardi di pecore. E per essere pastori, alcuni individui disprezzabili, escogitarono trecento anni fa la più grande truffa della storia dell’uomo: la banca privata, oggi multiforme sistema di affaristi dai mille colori e nessuna dignità.

 

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